Eugenio Montale è tra i poeti più importanti della storia della letteratura mondiale. Nel 1975 ha ricevuto il Premio Nobel.
Nato da una famiglia di commercianti, frequentò le scuole tecniche e intraprese studi di canto che dovette interrompere nel ’17 per andare al fronte come ufficiale di fanteria. Tornò dopo la guerra a Genova, dove cominciò a dedicarsi agli studi di poesia e a frequentare gli ambienti letterari. Nel ’27 andò a Firenze per lavorare prima presso la casa editrice Bemporad e dal ’28 come direttore del Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux, incarico che dovette lasciare dieci anni dopo perché non iscritto al partito fascista: d’altronde Montale aveva già mostrato il suo dissenso verso il regime, firmando, nel 1925, il manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da B. Croce. A Firenze ebbe assidui contatti, fra gli altri, con Vittorini, Gadda, Bonsanti, collaborò a riviste come «Solaria», «Pegaso», «Pan», «Letteratura», e si allontanò via via, culturalmente ed emotivamente, dalla matrice ligure della sua prima raccolta, le liriche di Ossi di seppia, pubblicate da Piero Gobetti nel 1925, ma sparsamente apparse, a partire dal 1922, sulla rivista «Primo tempo».
Nell’ambiente fiorentino matura la poesia delle Occasioni (1939) e si sviluppa la sua attività di traduttore, prima di poeti (Eliot), quindi, più intensa dopo il licenziamento dal Vieusseux, di autori di teatro e di narrativa (Shakespeare, Cervantes, Corneille, Melville ecc.). Tra il ’40 e il ’43 compone le poesie di Finisterre che G. Contini riesce a portare in Svizzera, dove saranno pubblicate a Lugano (1943).
Dopo la guerra aderisce al partito d’azione, collabora alla «Nazione» ed è condirettore, per un breve periodo, del quindicinale «Il Mondo». Nel ’48, assunto come redattore del «Corriere della sera», si trasferisce a Milano, da dove si allontana per diversi viaggi di lavoro (ne raccoglierà i ricordi in Fuori di casa, 1969). Dal 1955 svolge anche attività di critico musicale sul «Corriere d’informazione», per qualche anno. Via via ottiene i massimi riconoscimenti ufficiali: è nominato senatore a vita nel 1967 e gli è conferito, nel 1975, il premio Nobel.
Dopo i due fondamentali volumi del ’25 e del ’39 e una silloge dei poeti tradotti (Quaderno di traduzioni, 1948), La bufera e altro (in cui confluiscono le poesie di Finisterre) e le prose di Farfalla di Dinard nel 1956 rompono un lungo silenzio, poi di nuovo mantenuto per un decennio fino alla prima raccolta di Xenia, liriche per la moglie morta tre anni prima, che faranno parte del volume Satura, del 1971; ancora del ’66 è Auto da fé. Cronache in due tempi, ampia antologia dei suoi scritti di cultura e di costume. Ricca ma disuguale la vena che alimenta i volumi dell’ultimo decennio: Diario del ’71 e del ’72 (1974), Quaderno di quattro anni (1977), gli scritti critici Sulla poesia (1976). Nel 1996 è stata pubblicata la raccolta Diario postumo. 66 poesie e altre, curata da A. Cima e con apparati critici di R. Bettarini; sulla sua attribuzione sono stati avanzati dubbi da alcuni critici.